Il Festival della Canzone Italiana è diventato, nell'ultima serata, un salotto politico. Per carità, buona idea dar voce agli operai di Termini Imerese, ottima. E' stato giusto farlo su quel palco con cotanto seguito, giusto dare a Sanremo con i suoi lustrini, un tocco di "dura quotidianità ". Erano in tre, presentati da Maurizio Costanzo, tre animali legati alla debole corda della cassa integrazione ed esposti a 11 milioni di spettatori. Hanno parlato della loro realtà, in modo pacato ed esaustivo, sottolineando le difficoltà di una nuova prospettiva lavorativa in Italia, soprattutto al sud. E fin qui niente male, a parte le domande futili del Costanzo, per esempio "come vede il presente?", "come vede il futuro?". E come può vederlo un operaio in cassa integrazione? nero come la pece, la risposta è più che ovvia.
Il teatrino SanRemo lascia spazio ai burattini di turno Bersani e Scajola, e da festival si trasforma in qualcosa somigliante alla trasmissione Rai "Tg Parlamento". I discorsi di entrambi sono identici con i soliti futili argomenti: "Termini Imerese non deve chiudere, siamo vicini ai lavoratori, ci impegneremo a fondo per risolvere tutto" eccetera eccetera. Una differenza sostanziale c'è: Bersani riesce a fare soltanto metà monologo perchè la gente non glielo permette. Il pubblico rumoreggia, Costanzo prova a far star zitti, ma niente. Quando invece Scajola prende parola scoppiano gli applausi. Pierluigi è caduto nella trappola. Ovviamente con un pubblico che ha pagato 600 euro per stare lì cosa si aspettava??
Il punto è che mai si era vista una situazione così. La politica si insinua in ognidove, non lascia spazio al racconto dei soli fatti di realtà -come quella di Termini- ma giudica, impone un'opinione con l'obbiettivo demagogo di aumentare i voti del rispettivo partito.
Nessun commento:
Posta un commento